La Musica nel cervello: esecuzione ed emozione

E’esperienza di tutti il saper suonare a memoria brani ben noti o magari ,per i più abili, l’improvvisare. Sarà capitato a molti di osservare che, in questi momenti, non si necessita di una particolare “volontarietà dell’azione”: il suonare diviene naturale. Si può addirittura pensare ad altro mentre si suona…eppure stiamo suonando bene, ma …come mai?
In quel momento avviene un grande lavoro cerebrale di “ripescaggio” di informazioni precedentemente acquisite: l’attivazione dei cosiddetti movimenti automatici del cervelletto.
Il cervelletto è parte integrante dell’encefalo ed ha una funzione di ” controllo”, in particolare degli “aspetti temporali” del movimento e della rapida progressione di un movimento in quello successivo; inoltre è sede dell’intensità della contrazione muscolare e, in ogni istante, riceve informazioni dal cervello e dalla periferia.
Esistono diverse “sedi della memoria” nel sistema nervoso con le quali questa struttura collabora.
In un discorso strettamente di esecuzione manuale, “più si sbaglia e più si impara” poichè il cervelletto invia al cervello schemi correttivi inerenti il movimento. Studiando ed eseguendo ripetutamente una partitura non si fa altro che insegnare e depositare nell’”archivio mnesico” una grande quantità di informazioni circa, ad esempio, il suono percepito, la giusta pressione dei tasti per ottenerlo cosi’ come la progressione dei tasti nella frase musicale, la diteggiatura giusta e tutte le molteplici caratteristiche che riguardano un‘esecuzione.
A prova del fatto che l’esecuzione di un pezzo ben conosciuto è in gran parte un lavoro automatico, basta provare a cambiare un singolo elemento nella diteggiatura durante l’esecuzione della stessa: improvvisamente si sbaglia, non si è più in grado di eseguire con spensieratezza e scioltezza il brano al tempo adeguato! Questa è la prova che il suono è stato udito e compreso e che le nostre aree cerebrali si sono parlate per insegnare alle mani la riproduzione esatta di quel che abbiamo sentito. Inoltre, lo si è archiviato pronto all’uso per essere eseguito in una definita modalità.
Allo stesso modo, nel corso di una improvvisazione, un abile pianista altro non fa che richiamare inconsciamente, in un flusso continuo di eventi, figure precedentemente sperimentate…e non solo!!!Nel discorso intrapreso, facilmente e in continuazione, ne crea di nuove sulla base delle precedenti. L’abilità risiede nell’ampio sistema di connessioni nervose precedentemente costruite…e ogni volta che si suona e che ci si esercita se ne creano di nuove.
Altro discorso, e in particolare il motivo per cui è un gran piacere il suonare o l’ascoltare musica, risiede nel fatto che stimolando il cervello con una somma di frequenze particolarmente armoniose , il suono è in grado di attivare i cosiddetti “sistemi di gratificazione”.
Nel cervello, la zona limbica ( costituita da un insieme integrato di strutture nervose tra cui parte del lobo temporale, l’ipotalamo,l’ippocampo e l’ amigdala ) è il centro nervoso responsabile dell’elaborazione dell’emozione.
L’attivazione di queste aree avviene tramite circuiti particolari che correlano con determinati stati d’animo. Il sistema adrenergicico è deputato all’emozione viva, alla nostra “carica”ed all’intenso stato di vigilanza che crea coinvolgimento nell’esecuzione di un pezzo particolarmente esaltante. Il sistema serotoninergico invece è a capo della soddisfazione e dell’appagamento: esperienza comune di tutti gli appassionati.
Un pianista all’apice emotivo del suo concerto e alla conclusione dello stesso avrà certamente una grande attività di questi circuiti.
La musica dunque ha potere sul cervello; è in grado di attivarlo e di plasmarlo. Esistono branche come la musicoterapia che lavorano proprio su questa interazione per promuovere comunicazione e crescita.
D’altro canto il cervello risponde creando nuova musica in un discorso che trova il massimo compimento negli artisti professionisti.
Per questo, la musica, non solo è la più sensuale delle arti come riteneva il filosofo Kierkegaard, ma si pone come uno dei più grandi mezzi di comunicazione non verbale ad oggi esistenti.
In quel momento avviene un grande lavoro cerebrale di “ripescaggio” di informazioni precedentemente acquisite: l’attivazione dei cosiddetti movimenti automatici del cervelletto.
Il cervelletto è parte integrante dell’encefalo ed ha una funzione di ” controllo”, in particolare degli “aspetti temporali” del movimento e della rapida progressione di un movimento in quello successivo; inoltre è sede dell’intensità della contrazione muscolare e, in ogni istante, riceve informazioni dal cervello e dalla periferia.
Esistono diverse “sedi della memoria” nel sistema nervoso con le quali questa struttura collabora.
In un discorso strettamente di esecuzione manuale, “più si sbaglia e più si impara” poichè il cervelletto invia al cervello schemi correttivi inerenti il movimento. Studiando ed eseguendo ripetutamente una partitura non si fa altro che insegnare e depositare nell’”archivio mnesico” una grande quantità di informazioni circa, ad esempio, il suono percepito, la giusta pressione dei tasti per ottenerlo cosi’ come la progressione dei tasti nella frase musicale, la diteggiatura giusta e tutte le molteplici caratteristiche che riguardano un‘esecuzione.
A prova del fatto che l’esecuzione di un pezzo ben conosciuto è in gran parte un lavoro automatico, basta provare a cambiare un singolo elemento nella diteggiatura durante l’esecuzione della stessa: improvvisamente si sbaglia, non si è più in grado di eseguire con spensieratezza e scioltezza il brano al tempo adeguato! Questa è la prova che il suono è stato udito e compreso e che le nostre aree cerebrali si sono parlate per insegnare alle mani la riproduzione esatta di quel che abbiamo sentito. Inoltre, lo si è archiviato pronto all’uso per essere eseguito in una definita modalità.
Allo stesso modo, nel corso di una improvvisazione, un abile pianista altro non fa che richiamare inconsciamente, in un flusso continuo di eventi, figure precedentemente sperimentate…e non solo!!!Nel discorso intrapreso, facilmente e in continuazione, ne crea di nuove sulla base delle precedenti. L’abilità risiede nell’ampio sistema di connessioni nervose precedentemente costruite…e ogni volta che si suona e che ci si esercita se ne creano di nuove.
Altro discorso, e in particolare il motivo per cui è un gran piacere il suonare o l’ascoltare musica, risiede nel fatto che stimolando il cervello con una somma di frequenze particolarmente armoniose , il suono è in grado di attivare i cosiddetti “sistemi di gratificazione”.
Nel cervello, la zona limbica ( costituita da un insieme integrato di strutture nervose tra cui parte del lobo temporale, l’ipotalamo,l’ippocampo e l’ amigdala ) è il centro nervoso responsabile dell’elaborazione dell’emozione.
L’attivazione di queste aree avviene tramite circuiti particolari che correlano con determinati stati d’animo. Il sistema adrenergicico è deputato all’emozione viva, alla nostra “carica”ed all’intenso stato di vigilanza che crea coinvolgimento nell’esecuzione di un pezzo particolarmente esaltante. Il sistema serotoninergico invece è a capo della soddisfazione e dell’appagamento: esperienza comune di tutti gli appassionati.
Un pianista all’apice emotivo del suo concerto e alla conclusione dello stesso avrà certamente una grande attività di questi circuiti.
La musica dunque ha potere sul cervello; è in grado di attivarlo e di plasmarlo. Esistono branche come la musicoterapia che lavorano proprio su questa interazione per promuovere comunicazione e crescita.
D’altro canto il cervello risponde creando nuova musica in un discorso che trova il massimo compimento negli artisti professionisti.
Per questo, la musica, non solo è la più sensuale delle arti come riteneva il filosofo Kierkegaard, ma si pone come uno dei più grandi mezzi di comunicazione non verbale ad oggi esistenti.